Massoni da Nobel by Giovanni Greco & Velia Iacovino

Massoni da Nobel by Giovanni Greco & Velia Iacovino

autore:Giovanni Greco & Velia Iacovino [Greco, Giovanni & Iacovino, Velia]
La lingua: eng
Format: epub
editore: Mimesis Edizioni
pubblicato: 2021-05-19T09:10:48+00:00


Alessandro Cecchi Paone

Rabindranath Tagore

Nobel per la Letteratura 1913

India

Rabindranath Tagore, indiano bengalese, vinse nel 1913 il Premio Nobel per la Letteratura per, recitano le motivazioni uffciali, “i suoi versi profondamente sensibili, con la cui freschezza e bellezza ha costruito il suo pensiero poetico, espresso con parole inglesi sue proprie, divenendo parte della letteratura dell’Occidente”. Ben strano riconoscimento al futuro autore degli inni nazionali dell’India e del Bangladesh. India che “domini le menti di tutti”, come la invoca il poeta, altro che cultura eurocentrica la sua. Ma voleva essere un elogio, ovviamente. D’altra parte i massoni non euroamericani hanno sempre pagato lo scotto di essere stati iniziati grazie ai loro soggiorni, e agli studi britannici, e alla volte francesi o spagnoli; pur volendo, o dovendo, rivendicare radici spirituali apparentemente del tutto diverse. Quelle loro originarie. Hanno insomma avuto a che fare col bel problema del colonialismo. Qualcuno se n’è innamorato perdutamente, come il fratello Kipling, che impastandolo con robuste dosi di militarismo familiare, non lo ha mai rinnegato, restituendoci una giungla indiana molto, ma molto anglosassone.

Altri se ne sono invece grandiosamente emancipati, lottando fino allo stremo o alla morte, massonicamente, per l’indipendenza dei loro popoli e delle loro patrie. Come i fratelli Gandhi e Mandela. Figli di una lettura della tradizione libero muratoria autenticamente cosmopolita, universalistica e culturalmente sincretica. D’altra parte,come avrebbe potuto il fratello Jung scrivere il Libro Rosso, o L’uomo e i suoi simboli, senza conoscere a fondo la storia e la filosofia orientali, e indiane in particolare? Per esempio gli insegnamenti delle Upanishad, i millenari testi filosofico-religiosi dell’ultimo periodo Veda, in sanscrito gli “arcani segreti”, che proprio Tagore scelse a fondamenta di due sue iniziative identitarie come nessun altra. La prima educativo-pedagogica che gli valse l’appellativo di Gurudev, maestro di vita e di pensiero, incentrata su conversazioni socratiche tenute da lui stesso durante lunghe passeggiate all’aperto con gli allievi. I quali venivano spinti alla libera ricerca della loro identità profonda, e delle loro vere vocazioni, senza costrizioni e condizionamenti. E scusate se mi vengono in mente il fratello Rousseau, e la sorella Montessori. La seconda iniziativa assunse la solidità di un luogo istituzionale di riferimento, dedicato alla tradizione e conservazione del suo pensiero umanistico. Creò dunque un Ashram, un “santuario nella foresta”, un “asilo di pace” a Bolpur, a cento chilometri da Calcutta. La vita a contatto diretto e libero con una natura lussureggiante, induceva i suoi seguaci più che a capire, a “sentire” che la divinità è immanente, che “l’infinito e l’individuo si guardano a vicenda, ognuno dal suo trono”. Insomma che, come diceva il suo amico e fratello Mahatma, “l’induismo è la teosofia indiana, e la teosofia è l’induismo d’Occidente”. Ma come entra tutto questo, ammesso che fosse noto e compreso fra i giurati dell’ Accademia di Svezia, nella poesia del pensatore, che anche nell’aspetto andrà sempre più assomigliando a un ascetico profeta dai lunghi capelli e dalla folta barba bianca? Ancora una volta, come sempre, grazie alla dolcezza dell’amore, e alla cognizione del dolore. “Gitanjali”, i



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